La buca delle lettere è nata più o meno
contemporaneamnte al diffondersi del traffico postale regolarmente
eseguito e definito "ordinario" perchè effettuato
ordinariamente cioè regolarmente. Era consuetudine che ci fosse
alle "poste"
una buca ove introdurre la corrispondenza in attesa dell'arrivo
del postiglione o del corriere che, prelevate le lettere, continuava
nel suo tragitto.
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Antica buca Veneziana delle lettere. |
Buca delle lettere Sabauda
1850 c.a.
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Nell'uso postale corrente la buca delle lettere è nata perciò
molto prima del francobollo. Già il regolamento postale di
Vittorio Emanuele I° nel 1818 cita espressamente il "gettare
le lettere in buca" come una possibilità di spedizione
delle lettere ordinarie, che erano tassate allo stesso "diritto"
di quelle presentate in posta; variava solo il periodo di riscossione
che era anticipato se il mittente voleva spedirle "franche"
presentandole in posta, oppure pagate dal destinatario se gettate
in buca. Nel 1861 con la normativa sul riordino del servizio postale
si crearono i presupposti per la creazione delle Regie Poste, tutte
le figure dell'amministrazione postale vennero definite, uniformando
le regole di comportamento in tutto il regno e istituzionalizzando
la figura del portalettere.
Infatti la nuova ( e rivoluzionaria) normativa postale del 1863
prevedeva che per risparmio di spesa e di comodità del
pubblico, si potessero "gettare in buca" le lettere già
affrancate con i francobolli. Nel febbraio 1864 si diffusero gli uffici
postali periferici (le cosidette collettorie), spesso erano ubicati
presso le sedi dei comuni rurali. Avevano orari limitati ma fissi
per l'accettazione e la consegna delle corrispondenze. Le collettorie
per norma dovevano avere in sede anche una buca delle lettere
(per sicurezza quasi sempre il tutto era ricavato nello spessore del
muro) accessibile dall'esterno per imbucare e all'interno dell'ufficio
chiusa da una piastra di ghisa solidale col muro e munita di sportello
con chiave. La chiave era detenuta dal collettore, che era il solo
autorizzato a ricuperare la posta "gettata" durante la chiusura
della collettoria.
Il conduttore molto spesso era un dipendente del comune che arrotondava
la magra paga comunale con l'incarico postale di collettore, il cui
compito principale era raccogliere in ufficio la posta in partenza,
vuotare la buca delle lettere e consegnare il tutto all'ufficio postale
da cui dipendeva; spesso fra i suoi compiti era previsto che facesse
"la gita"di vuotatura delle buche postali del territorio
di sua competenza e contemporaneamente consegnasse e raccogliesse
la posta lungo la strada. La parsimoniosa amministrazione della posta
forniva la piastra di chiusura della buca, ma ne chiedeva ai comuni
il mantenimento e la manutenzione; inoltre i comuni che ambivano avere
la colletteria dovevano contribuire alle spese, giacchè il
criterio era sempre che i costi e le entrate si pareggiassero senza
gravare sull’amministrazione postale. Più tardi con l'incremento
del traffico postale e per favorire l'impostazione si cercò
di moltiplicare i punti di raccolta delle lettere e si "inventarono"
le cassette postali più facili da posizionare e da vuotare
da parte degli addetti, erano collocate vicino alle farmacie, ai venditori
di generi di monopolio "sale e tabacchi" (che vendevano
anche valori bollati francobolli ecc).
Nelle cassette postali e nelle buche si potevano imbucare le corrispondenze
che "non richiedano accettazione da parte della posta"
(come le lettere "registrate" diventate in seguito le raccomandate
e le assicurate ). La "levata" della posta dalle
cassette postali e dalle buche veniva effettuata periodicamente (nei
piccoli centri di norma una volta al giorno, nel centro di grandi
città più volte al giorno con orari di levata segnalati)
da addetti che trasportavano le corrispondenze nei centri di smistamento.
Bisogna ricordare che le "buche" non erano tutte uguali,
nel tempo sono state differenziate per velocizzare la consegna, una
prima suddivisione è stata fra la posta per la città
e quella per altre destinazioni, poi anche fra stampe e lettere.
Le cassette oltre che nei locali adiacenti la posta erano localizzate
anche su "uffici ambulanti" sia ferroviari che natanti;
nel primo Novecento si ebbero, nelle grandi città, anche delle
cassette di raccolta sistemate sui "tramway" che
attraversavano gli abitati diretti alle stazioni ferroviarie, ove
venivano vuotate e la posta raccolta, immediatamente smistata e caricata
sugli "ambulanti postali". Si ebbe a Milano anche
un ufficio ambulante su autovettura elettrica che, facendo
un percorso circolare continuato nella città, ritirava la corrispondenza,
la smistava strada facendo rimettendo direttamente agli uffici di
zona quanto indirizzato di loro competenza per la immediata distribuzione.
Intorno al 1950 si ripetè in alcune importanti città
il servizio lasciandone traccia con annulli a date sia meccanici che
manuali dedicati all' "avviamento celere" che trasportava
la corrispondenza alle stazioni per l'immediato inoltro.
La cassetta postale del regno inizialmente era di colore verde, è
diventata poi rossa e a volte gialla (quelle sui tram di Milano, negli
anni "50, erano bicolore: verde e panna per armonizzarle con
i colori dei tram che erano verdi). Le cassette cambiarono anche lo
stemma riportato sul fronte secondo i mutamenti politici e storici.
Di norma erano localizzate all'interno o vicino agli uffici postali,
nelle stazioni e nei pressi dei tabaccai che vendevano i generi di
monopolio fra cui i francobolli.